Bonifacio e Alessio

Dal 7° secolo è documentata la venerazione sull’Aventino di Bonifacio, martire a Tarso di Cilicia (oggi Turchia). Il corpo di Bonifacio è portato poi a Roma: il suo nome è ricordato nel Martirologio romano il 14 maggio. Il racconto della sua passione, tradotto dall’originale greco nel 7° secolo, presenta uno sviluppo dei fatti complesso. Sarebbe la stessa nobildonna che poi ne accoglie le spoglie a spingere Bonifacio, di origine romana, a portare soccorso ai cristiani perseguitati in Oriente, per riparare una vita di peccato condotta insieme con lei.

Il nome attribuito alla nobildonna, Aglae, è di origine greca e richiama gli intensi rapporti correnti nel 6°-7° secolo tra Roma e Costantinopoli, a tal punto che la colonia degli orientali nei pressi dell’Aventino è nota come Balcerna, nome di un quartiere di Costantinopoli. È probabile che Aglae sostituisca il nome di una delle nobili famiglie discendenti da quelle che si sono insediate sull’Aventino nella fase imperiale di Roma (inizio dell’era cristiana), conferendo al colle - per tutto il periodo precedente “acropoli dei plebei e degli stranieri” - un carattere residenziale lussuoso. È da ricordare comunque che le fastose costruzioni aventiniane sono distrutte dai Visigoti di Alarico, nel 410. Dopo che si è affermato il culto del martire Bonifacio, nella cappella a lui dedicata vengono accolte le reliquie di altre persone virtuose, tra cui un personaggio dal nome inequivocabilmente orientale. Alessio, vissuto in grande santità. Ha servito in povertà la nobile famiglia presso cui è deceduto, e dopo la morte viene identificato come un membro della famiglia stessa allontanatosi anni prima senza dare più notizie.